Anche CIDIS alla Conferenza Nazionale delle Operatrici e degli Operatori SAI

19 Lug 2023

Anche CIDIS alla Conferenza Nazionale delle Operatrici e degli Operatori SAI

Il 18 luglio si è tenuta a Roma la 2° Conferenza Nazionale delle Operatrici e degli Operatori SAI a cura di ANCI e il Dipartimento di Scienza della Formazione dell’Università Roma Tre che hanno realizzato la ricerca “Agire l’accoglienza. Percorso di ricerca sul lavoro sociale all’interno del Sistema di accoglienza e integrazione”. Si tratta della prima indagine in assoluto sul lavoro all’interno del SAI, alla quale hanno contribuito molti operatori e operatrici, condividendo la propria esperienza nell’ambito dell’accoglienza.

Quattro i punti principali in cui operatrici e operatori da tutta Italia sono stati chiamati a riflettere:

  1. Riconoscere il ruolo dell’operatore;
  2. Potenziare le competenze professionali;
  3. Coprogrammare, coprogettare;
  4. Agire l’accoglienza.

Anche noi di CIDIS abbiamo portato il nostro contributo sul tema dell’agire l’accoglienza grazie al prezioso intervento di Ivan Papasso, coordinatore del progetto SAI di Crosia.

In che modo i progetti di accoglienza rafforzano le misure universali in favore dell’intera comunità?

Premessa fondamentale è il ruolo indispensabile dell’operatore che sui territori innesca delle nuove realtà, precedentemente sconosciute o fortemente limitate, tanto nella presa in carico delle persone accolte, che nella co-costruzione, assieme ai comuni, di un pezzo di welfare del territorio. Tale approccio olistico degli operatori permette quindi di utilizzare un doppio sguardo, l’uno rivolto verso i beneficiari, e, l’altro verso il territorio costituendo un valore aggiunto per l’intera comunità.

Le azioni intraprese come organismo, relativamente alla sostenibilità dei progetti d’integrazione, sono da intendersi come tutta quella serie di opere che promuovono un riconoscimento ed un radicamento dei diritti, delle attività di cittadinanza attiva, di conoscenza giuridica e culturale del fenomeno migratorio.

Una sostenibilità presente e futura immaginata ed applicata come un’azione degli operatori volta a determinare un peer support istituzionale e del privato sociale, che possa permettere ai cittadini migranti di integrarsi efficacemente da un punto di vista socio – culturale, lavorativo ed economico.

Dal punto di vista sociale, essa implica iniziative volte al rispetto dei diritti umani e di cittadinanza dei migranti, la promozione dell’integrazione culturale mediante attività di sensibilizzazione ed educative, che mostrino la diversità culturale nonché arricchire la vita sociale e culturale della comunità, e che siano quanto più possibile realizzate con il contributo e la partecipazione attiva del migrante e delle comunità ospitanti rafforzando l’empowerment di entrambi.

È pertanto fondamentale realizzare un dialogo aperto tra i migranti e la collettività, in modo tale da imparare gli uni dagli altri e costruire relazioni positive; in questo modo è possibile generare maggiore coesione sociale e riduzione delle tensioni interculturali, costruendo senso di appartenenza e di responsabilità.

Infine, dal punto di vista economico, sappiamo che i beneficiari possono portare nuove abilità e competenze utili per l’economia locale. Per questo la sostenibilità richiede politiche integrate tra progetti, territori e comunità locale che favoriscano l’integrazione nel mercato del lavoro e la creazione di opportunità per tutti.

In quali ambiti il lavoro degli operatori e delle operatrici potrebbe apportare elementi di innovazione sociale?

Proprio tali politiche di reciprocità e l’interattività nel rapporto tra autoctoni e stranieri, nel nostro lavoro quotidiano possono apportare elementi di innovazione sociale.  Da questo punto di vista vari sono gli ambiti e le azioni che possono essere attivate. Ad esempio, possono essere sviluppate soluzioni innovative per aiutare i migranti ad accedere ai servizi pubblici, trovare lavoro ed integrarsi nella comunità locale, attraverso il rafforzamento o l’adozione di nuovi modelli d’interazione. Una sfida è certamente quella di superare le barriere linguistiche e culturali che spesso impediscono una corretta comunicazione tra gli immigrati e la comunità locale. Per questo motivo occorre concentrarsi sulla creazione di spazi di incontro e di scambio culturale tra le diverse comunità presenti sul territorio.

Uno dei progetti più interessanti che abbiamo realizzato nel SAI di Crosia è stato il laboratorio “Adotta un’aiuola” ossia la creazione di un giardino comunitario in una zona urbana densamente popolata. I beneficiari sono stati coinvolti nella progettazione e nella coltivazione del giardino, promuovendo così la collaborazione e il dialogo interculturale. Il giardino è diventato un luogo di incontro e socializzazione per i membri della comunità locale, favorendo così l’integrazione dei beneficiari. Ancora, promuovere la creazione di imprese sociali mettendo insieme cittadini italiani e stranieri nonché l’accoglienza in famiglia per minori stranieri non accompagnati potrebbe dare un valido contributo.

Altro ambito di innovazione sociale è certamente da considerarsi la costruzione delle reti territoriali, delle progettazioni complementari nonché l’istituzione di tavoli permanenti, nelle opportune sedi istituzionali. Attività queste che rafforzano la necessaria interconnessione tra Comune ed ente attuatore nella costruzione del welfare territoriale.

Quali altre iniziative possono rafforzare la necessaria interconnessione tra Comune ed ente attuatore nella costruzione del welfare territoriale?

Diffondere orizzontalmente e verticalmente le pratiche del SAI, operare in modo integrato col territorio e tra enti è centrale, nonché inevitabile. Per la costruzione del welfare territoriale occorre attivare e consolidare il lavoro di rete con gli attori locali che, a vario titolo, possono essere interlocutori per i percorsi di accoglienza. Ciascun soggetto è chiamato ad essere “parte attiva” del progetto di accoglienza, in relazione alla propria competenza specifica, per la realizzazione di percorsi di accoglienza.

La programmazione di progetti di servizi, aggiuntivi e complementari, attraverso i vari fondi di finanziamento, è fondamentale per la creazione di un welfare territoriale comunitario. Importanti potrebbero risultare progetti di impegno civico (civic engagement) e facilitazioni relativi alla condizione abitativa (alloggi calmierati) e/o sensibilizzazione per intercettare abitazioni nel territorio.

Il ripensamento in chiave interculturale dei vari ambiti dei Piani di Zona ridurrebbe gli ostali e potenzialmente potrebbe generare creatività e cultura della convivenza civile. L’istituzione di un tavolo permanente delle ANCI regionali con Comuni ed enti gestori delegati, potrebbe costituire elemento di innovazione sociale, e, nel contempo rafforzare le politiche pubbliche nei confronti della comunità, oltre che essere una spinta dal basso.

 

Ivan Papasso